Nel caso trattato dalla sezione IP del Tribunale di Milano con sentenza del 29 maggio 2006 gli eredi di un noto pittore convenivano in giudizio un’impresa commerciale esponendo come alcune opere realizzate dall’artista fossero state indebitamente riprodotte sul catalogo dei prodotti della società convenuta.

Gli eredi, oltre a lamentare la lesione dei diritti patrimoniali dell’artista, sostenevano che l’illecita riproduzione, per le sue modalità, dovesse ritenersi lesiva del diritto morale dell’autore: ciò per l’omessa menzione del nome dell’artista e per il fatto che le fotografie riproducenti le opere in questione fossero state stampate a negativo invertito.

Gli eredi del pittore chiedevano pertanto l’accertamento degli illeciti sopra menzionati e la condanna di parte convenuta al risarcimento dei danni conseguenti.

La riproduzione fotografica di un’opera pittorica costituisce una forma di utilizzazione economica tutelata dall’art. 13 della legge a protezione del diritto d’autore (L. 633/1941).

Tale norma tutela l’utilizzazione economica che l’autore può effettuare mediante la riproduzione in copie (e, altresì, mediante qualunque tipo di moltiplicazione) dalla quale egli stesso possa trarre una remunerazione comunque compresa nell’ambito del diritto esclusivo dell’autore all’utilizzazione commerciale della sua opera.

Nella sentenza in esame il Tribunale di Milano ha accertato, previo esame delle immagini contestate, come fosse del tutto evidente che le opere del pittore costituissero un preminente elemento di richiamo dell’attenzione del lettore per la loro forza visiva nel contesto dell’ambiente riprodotto, con conseguente integrale sfruttamento sia delle loro più immediate e percepibili qualità grafiche e cromatiche sia del loro più complesso significato artistico.

Sulla scorta di tali determinazioni il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda di risarcimento dei danni svolta dagli eredi del pittore in connessione con la violazione dell’art. 13 L. 633/1941 e, pertanto, ha condannato l’impresa commerciale al risarcimento del danno quantificando il danno risarcibile nel presumibile prezzo che avrebbe comportato la richiesta di utilizzazione delle opere in questione nell’ambito della promozione dei prodotti sponsorizzati nel catalogo.

La medesima sentenza ha però negato che la riproduzione fotografica non autorizzata abbia violato anche i diritti morali del pittore.

Tra i diritti morali d’autore che potrebbero essere lesi dalla riproduzione fotografica di un’opera delle arti figurative vengono in rilievo il diritto alla paternità dell’opera (ovvero a veder riconosciuta l’opera come creazione propria) e il diritto di integrità dell’opera.

Quanto al primo, l’art. 20 L. 633/1941 stabilisce che anche dopo la cessione dei diritti esclusivi di utilizzazione economica l’autore di un’opera conserva il diritto di rivendicarne la paternità e di impedire a terzi di attribuire a sé o ad altri la paternità dell’opera frutto della propria attività creativa.

Quanto al secondo, il medesimo art. 20 L. 633/1941 prevede in capo all’autore il diritto di “opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione, od altra modificazione ed a ogni atto a danno dell’opera, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.

Secondo l’opinione maggiormente condivisa in dottrina e giurisprudenza la lesione dell’onore e della reputazione si verifica quando la modificazione o scorretta comunicazione dell’opera sono idonee a indurre il pubblico a formarsi un giudizio sulla personalità dell’autore sensibilmente diverso da quello che deriverebbe da una corretta percezione dell’opera, cioè quando “l’atto manipolativo” incide sulla “verità dell’opera” (Trib. Milano 6 luglio 2004, Trib. Torino 26 giugno 1997; in dottrina Diritto industriale Proprietà intellettuale e concorrenza, Giappichelli Torino, 2005).

Nel caso trattato dalla sentenza in commento il Giudice milanese ha negato che vi sia stata violazione del diritto all’integrità dell’opera ritenendo che “la riproduzione fotografica non corretta delle opere non risulta di tale rilevanza da determinare una alterazione della percezione delle medesime di evidenza e natura tale da ritenere apprezzabilmente compromessa la stessa reputazione dell’autore”.

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