L’articolo che segue analizza alcune decisioni giurisprudenziali con l’obiettivo di definire quali siano i presupposti, gli elementi costitutivi e, in generale, i requisiti necessari affinché possa integrarsi il plagio di un’opera musicale.
La giurisprudenza definisce il plagio, nella sua accezione più stretta, quale illecito usurpativo che si configura mediante l’appropriazione indebita di elementi essenziali dell’opera creativa altrui, in presenza di indubbi elementi di identità (infra, Tribunale di Firenze 6.4.2018).
Requisito indispensabile per accedere alla tutela d’autore di un’opera musicale che si assume plagiata è il carattere creativo dell’opera musicale stessa, inteso come contemporanea presenza di originalità e novità.
Difatti, nei procedimenti in cui si discuta l’esistenza o meno di un plagio, una volta invocata la tutela d’autore, il giudice adito è tenuto a verificare, ancor prima di provvedere all’accertamento giudiziale sull’esistenza del diritto azionato, se la produzione intellettuale di cui si chiede tutela sia qualificabile come opera dell’ingegno e, conseguentemente, l’attore è tenuto a dimostrare che l’opera sia il risultato dell’apporto personale dell’autore, il quale abbia conferito all’idea un’autonoma espressione mediante la soggettiva elaborazione di elementi e informazioni esistenti (in questo senso Cassazione Civile n. 4216/2015).
Ciò si traduce nella necessità, per chi invoca la tutela d’autore contro condotte plagiarie altrui, di fornire in giudizio la prova del requisito dell’originalità della propria opera, dimostrando come l’opera medesima sia il risultato creativo di proprie scelte individuali compiute tra un numero sufficientemente ampio di alternative (in tal senso, Tribunale di Milano, 29.9.2015).
Chi, dall’altro lato, si difende da un’accusa di plagio, avrà l’interesse diametralmente opposto e, pertanto, allegherà ogni elemento a sospetto utile a dimostrare l’assenza dei caratteri di originalità e novità dell’opera che si assume plagiata. In concreto, il convenuto cercherà di dimostrare che gli elementi costitutivi del brano che si assume plagiato sono ripresi da – e presenti in – opere musicali antecedenti.
Nel processo autorale, infatti, trova applicazione la normativa generale in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ. ai sensi del quale “chi intende far valere un diritto in giudizio ha l’onere di provare i fatti costitutivi del medesimo diritto azionato”.
I fatti costitutivi predetti, intesi quali requisiti richiesti per la tutelabilità dell’opera, ai sensi dell’art. 2575 del cod. civ. e dall’art. 1 della L. n. 633/1941 (Legge sulla protezione del diritto d’autore) sono appunto rappresentati dall’originalità e dalla novità.
Diverse sentenze della Corte di Cassazione Civile (n. 15496/2004; n. 5089/2004; n. 11953/1993) hanno chiarito e specificato che il concetto giuridico di creatività, cui fa rifermento l’art. 1 della L. 633/1941, non coincide con quello di creazione, originalità, e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate in via esemplificativa nell’art. 1 della sopra citata legge (musica, letteratura, arti figurative ecc.), di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.
Con sentenza n. 9854 del 2012 la Corte di Cassazione ha poi specificato che, nell’ambito delle opere dell’ingegno, la creatività non è costituita dall’idea di per sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di opere di diversi autori, come è ovvio nelle opere degli artisti, le quali tuttavia sono diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende, e che, in quanto tale, rileva per l’ottenimento della protezione (il diritto d’autore non tutela idee, ma forme espressive).
Una volta accertato se l’opera musicale abbia i requisiti di creatività e originalità richiesti dalla normativa sul diritto d’autore, il giudice, coadiuvato dal consulente tecnico d’ufficio (il c.d. CTU), dovrà esprimersi sulla natura plagiaria o meno dell’opera successiva specificando, in caso di esito positivo, il gradiente quantitativo e qualitativo del plagio.
Si entra così in un “terreno scivoloso” dove, in assenza di disposizioni e regole precise atte a identificare il plagio di una composizione musicale, i giudici valutano caso per caso seguendo criteri, parametri e principi di diritto di matrice per lo più giurisprudenziale.
In questa fase, come sopra accennato, un ruolo fondamentale è svolto dai consulenti tecnici, d’ufficio e di parte.
Il consulente tecnico d’ufficio (CTU) è chiamato dal giudice a esprimere un giudizio sul valore creativo delle opere, e quindi sulla loro proteggibilità o meno e, aspetto ancor più rilevante, è chiamato poi a individuare i criteri per la valutazione del plagio: ovvero analizza le opere musicali valutando le caratteristiche di novità, creatività e originalità, prendendo in considerazione tutti i parametri del linguaggio musicale, ovvero melodia, armonia, ritmo, arrangiamento ecc.
Tra i suddetti parametri, particolare rilevanza viene data alla componente melodica e a quella armonica, in quanto maggiormente idonee a caratterizzare un’opera musicale (distinguendola dalle altre) e fondamentali nel determinare le intenzioni dei compositori.
Nei brevi estratti delle sentenze che seguiranno in commento, le deduzioni delle parti, i rilievi dei CTU e le risposte della Corte di Cassazione meglio paleseranno al lettore il “terreno di gioco” sul quale si decidono le liti giudiziarie in materia di plagio.
La sentenza n. 6509/2018 del Tribunale di Milano, ad esempio, pronunciando su una domanda in cui l’oggetto del contestato plagio era relativo ad un ritornello consistente in tre battute di cui cinque note erano coincidenti, per la sola parte melodica, al ritornello della composizione che si assumeva plagiata, ha espresso le seguenti indicazioni di metodo: dapprima, ha affermato che la coincidenza di un frammento musicale melodico non integra, di per sé solo, plagio, e, successivamente, ha sottolineato la necessità di verificare se sussista, in primo luogo, la creatività del frammento musicale che si assume plagiato (come sopra evidenziato, il carattere creativo e la novità dell’opera sono elementi costitutivi del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno) e, in secondo luogo, sulla base della comparazione delle opere, se il plagio investa le componenti melodiche, armoniche e ritmiche.
Poste queste premesse metodologiche, il Tribunale ha ritenuto che il breve nucleo melodico oggetto del giudizio non fosse tutelabile per due ordini di ragioni:
in primo luogo, perché banale e diffusissimo, tanto da essere utilizzato oltre che da numerose altre composizioni di musica leggera moderne, anche da compositori classici oltremodo risalenti, e quindi privo di effettiva originalità e, come tale, non meritevole di tutela;
in secondo luogo, sulla base della valutazione comparativa dei ritornelli, il Tribunale ha rilevato che le parti melodiche e armoniche non risultavano nella loro compiutezza, qualità e quantità intesa come approfondimento armonico, melodico e ritmico, sufficienti per determinare il plagio, rilevando come, in particolare, la parte armonica conferisse alla melodia un’intenzione diversa tra le due canzoni.
I rilievi tecnici del CTU, infatti, giungevano alle seguenti conclusioni, poi condivise dal giudice in sentenza: “sebbene entrambi i ritornelli siano composti da cinque note (tre battute) coincidenti per la parte melodica, l’opera successiva procede con una coda, l’armonizzazione è completamente differente” … “le strofe sono talmente diverse da non poter essere paragonate” … “l’incipit delle due strofe è completamente diverso” … “l’impatto emotivo è completamente opposto” … “le due opere musicali appartengono a categorie musicali diverse” (l’una pop melodico l’altra dance music) … “L’armonia, che ha rilievo fondamentale nel determinare le intenzioni dei compositori, conferisce uno stato d’animo e un atteggiamento completamente differente tra i due brani … le funzioni degli accordi dei due brani in oggetto, escludendo il DO+ iniziale (primo grado) sono tutte diverse”.
La sentenza n. 9854/2012 della Cassazione Civile esamina un caso analogo giungendo, invece, a conclusioni diametralmente opposte. Anche qui, oggetto di indagine è il presunto plagio del ritornello di un’opera musicale successiva a danno di altra opera musicale antecedente.
Il ricorso alla Corte verteva principalmente su due motivi.
Con il primo, i ricorrenti, nell’intento di confutare la sussistenza del plagio, contestavano come la Corte d’Appello avesse omesso l’autonomo accertamento del carattere di originalità e novità del brano presuntivamente plagiato, malgrado ne fosse stata espressamente eccepita l’utilizzazione in diverse opere musicali preesistenti.
Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti, sempre nell’intento di dimostrare l’insussistenza del plagio, con particolare riferimento alla comparazione dei frammenti musicali oggetto di causa, imputavano ai giudici d’appello di non aver adeguatamente considerato le differenze ritmiche fra i due brani in conflitto e, pertanto, contestavano l’affermazione dei giudici medesimi secondo cui, a parità di melodia, le differenze di carattere ritmico non erano state considerate idonee ad evitare il plagio.
Quanto al primo profilo, relativo al presupposto dell’originalità del brano antecedente che si assumeva plagiato, i ricorrenti, nell’intento di dimostrarne la carenza, hanno argomentato come l’opera musicale facesse “uso di frammenti e gruppi di note di scale diatoniche, elemento strutturale presente in numerosi brani precedenti offerti in comparazione” e come ciò rappresentasse “una formula del tutto usuale nel panorama della musica tonale – che rappresenta l’elemento primario su cui si basa la musica moderna occidentale – e che comporterebbe l’esclusione del carattere dell’originalità e creatività del brano antecedente”.
La Corte di Cassazione respinge il motivo ritenendolo infondato e avalla le motivazioni della Corte d’Appello ribadendo come il giudice di secondo grado abbia fornito una spiegazione esauriente e adeguata sostenendo che “l’utilizzo di frammenti e gruppi di note per il raffronto è fuorviante, perché il ritornello deve essere esaminato nel suo complesso melodico e soprattutto va esaminato il modo in cui è stata usata la scala: un tetracordo discendente con alcune note ribattute (battute 1, 2, 3), che non trova riscontro alcuno nei brani a confronto, facilita la memorizzazione e l’individuazione fra altri brani da parte del pubblico e quindi, costituisce un previso tratto di originalità del brano” … “Il CTU ha evidenziato che le note ribattute (ripetute) (battute 1,2,3) tolgono ed annullano il più remoto riferimento alla scala … formano un disegno melodico … elemento incisivo determinante” … “La Corte d’Appello ha concluso che la valutazione del CTU è pienamente condivisibile perché questo modo di progressione delle note ribattute è tutt’altro che casuale, non è uno schema melodico comune, non è un utilizzo di stilemi e formule acquisite dai compositori di musica leggera”.
Quanto invece al secondo profilo, relativo alle differenze di carattere ritmico che i ricorrenti ritenevano idonee ad escludere il plagio del brano antecedente da parte di quello successivo, la Corte di Cassazione ha nuovamente confermato il dictum della Corte d’Appello la quale “tenendo in considerazione che nella quasi totalità dei brani di musica leggera il ritornello rappresenta il nucleo essenziale della composizione musicale, la parte maggiormente ritenuta nella memoria degli ascoltatori, ha ritenuto che i ritornelli delle due canzoni sono pressoché identici riproducendo quello dell’opera successiva 33 note su 40 di quello di dell’opera antecedente”.
La Corte ha poi aggiunto che, “essendo la melodia dei due ritornelli molto simile, la differenza del ritmo sotto il profilo creativo non vale a costituire una valida differenza in quanto non incide sull’originalità del motivo. Tale affermazione non ha carattere assoluto dovendosi, in ogni singola fattispecie, valutare come la melodia interagisca con il ritmo e l’armonia non potendosi escludere che una rilevante diversità di detti elementi possa determinare il carattere originale di un’opera rispetto ad un’altra”.
Più analiticamente, sulla sussistenza del plagio, la Corte, ha poi sottolineato l’importanza della relazione peritale del CTU che ha evidenziato la notevole somiglianza del ritornello di dell’opera musicale successiva rispetto a quella precedente: “inizia con una anacrusi (prime tre note all’inizio della battuta, ben scandite, su quattro), presenta ben trentatré note uguali su quaranta (esclusa la battuta n. 4), riprende sotto il profilo strutturale il modello della progressione, dal che la deduzione che le lievissime differenze di natura ritmica richieste, peraltro, dall’esigenza di rispettare l’accento tonico delle parole del testo sono assolutamente ininfluenti nella percezione auditiva della melodia, in quanto gli elementi più importanti e melodicamente più interessanti sopra citati sono ampiamente ripresi in modo tale da portare chiunque a confonderle perché la ripetizione sostanzialmente identica delle prime tre battute induce chicchessia a scambiare una canzone con l’altra”.
La decisione del Tribunale di Firenze del 6.4.18 pone invece l’accento sul contesto di riferimento sottolineando come, nell’ambito della musica leggera (o “pop” che dir si voglia), “vi sia un alto grado di affollamento tale per cui, la valutazione, in termini di illecito rispetto al diritto d’autore, non può basarsi sic et simpliciter sulla semplice somiglianza ovvero affinità di melodie e di testi tra due opere musicali ovvero ancora sull’imitazione di una generica idea ispiratrice connotante un brano musicale, come affermato dallo stesso attore, bensì sulla più grave ipotesi di plagio quale vero e proprio illecito usurpativo, in ragione dell’appropriazione indebita degli elementi essenziali dell’altrui opera creativa, in presenza di determinati ed indubbi elementi di identità”.
Nel caso in esame il CTU, con riferimento al brano per cui l’attore invocava la tutela d’autore, escludeva la sussistenza dei caratteri della novità e dell’originalità in base alle seguenti considerazioni: in primo luogo sulla scorta delle numerose composizioni depositate presso la Siae recanti il medesimo titolo; in secondo luogo, rilevando come l’uso, sul piano testuale, di un linguaggio appartenente al patrimonio linguistico comune (così: l’uso di vocaboli quali “cuore”, “amore”, “canzone”, “emozione” e “a te” in una canzone d’amore), “non possieda né nei suoi singoli elementi costitutivi né nel complesso dell’opera da essi scaturito i requisiti sufficienti e necessari a legittimare la protezione del diritto d’autore; infine sottolineando il carattere non innovativo ed originale degli elementi musicali (armonia, melodia, ritmo, timbro, struttura generale).
Quanto alla comparazione dei due brani, ad esclusione del plagio, il CTU evidenziava poi differenze sostanziali tra i brani medesimi, sia sul piano testuale sia sul piano musicale, sottolineando in particolare come da un lato, non fossero rinvenibili analogie tra i testi dei due brani di grado sufficienti a suffragare una qualsivoglia ipotesi di plagio o contraffazione e, dall’altro lato, rilevando come il profilo musicale presentasse, nei due brani, sostanziali differenze sia nei loro singoli elementi costitutivi (ritmo, armonia, melodia, timbro) sia nell’esito complessivo risultante dalla loro interazione.
Da ultimo, prendiamo in esame la sentenza n. 3340/2015 della Corte di Cassazione che ha posto fine ad una vicenda giudiziaria durata quasi un ventennio e che ha visto coinvolti i titolari dei diritti di utilizzazione dell’opera musicale “Zingara” del 1969 da un lato, e, dall’altro, il cantautore F.D.G. e la sua casa discografica.
In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato che il titolo della canzone “prendi questa mano zingara” di F.D.G. e i primi due versi della stessa costituivano plagio dei primi due versi della canzone “Zingara” di A. e R. e aveva inibito al cantautore e alla sua casa discografica l’ulteriore diffusione e commercializzazione della canzone condannandoli al risarcimento del danno morale.
Successivamente, la Corte d’Appello ribaltava la decisione di primo grado e dichiarava invece che, sebbene i primi due versi del testo letterario della canzone di F.D.G. erano identici a quelli della canzone creata negli anni 60 da A. e R. (salvo che in una parola: “futuro”, in luogo di “destino”), il resto del testo e la parte musicale sarebbero stati completamenti diversi, onde l’esclusione del plagio, trattandosi se mai di una citazione, per la quale avrebbe dovuto trovare (ove richiesta dalla parte) applicazione la L. 399 del 1978, art. 10 terzo comma.
La vicenda arriva così in Cassazione dove i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello avrebbe omesso o, quantomeno, insufficientemente motivato in ordine al perché non sia plagio, neppure parziale, l’utilizzazione, sebbene con una parte musicale ed un testo residuo differenti, dei versi composti da A. e R. e riprodotti cinque volte nel brano di cui è autore F.D.G., oltre che posti a titolo dello stesso … e che la Corte d’Appello non avrebbe neppure spiegato perché avrebbero avuto la natura di citazione quei versi che non hanno riprodotto neppure fedelmente quelli composti da A. e R.
Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello aveva errato nell’escludere il plagio, anche parziale, compiuto da F.D.G. posto che il medesimo aveva non solo utilizzato il primo verso dell’opera composta dai sigg. A. e R., facendolo divenire il titolo della sua opera, ma altresì impiegandolo altre tre volte oltre che nell’attacco dell’opera. Infatti, lamentano i ricorrenti, perché vi sia plagio non sarebbe richiesta l’assoluta identità tra l’opera plagiata e la plagiaria, essendo sufficiente la ripresa di elementi creativi della prima.
I ricorrenti lamentano e sottolineano poi come l’appropriazione avrebbe interessato i primi due versi dell’opera musicale (che di norma hanno una forza alimentatrice del ricordo nel pubblico) compiendo una riproduzione rilevante (non minima ed impercettibile) senza che rilevi il fatto che essa avrebbe riguardato solo una parte dell’opera, quella del testo letterario. Infatti, argomentano i ricorrenti, nelle opere composte vi sarebbe un’autonomia ontologica e giuridica degli elementi costitutivi, suscettibili di utilizzazione economica separata, così come riconosciuto dalla giurisprudenza che avrebbe ammesso il plagio parziale della parte letteraria di un’opera composta.
La Cassazione, nella trattazione del ricorso, sottolinea come le censure proposte dai ricorrenti “siano imperniate tutte sul sostrato linguistico-materiale secondo cui il frammento di testo oggetto di discussione (“prendi questa mano zingara, dimmi pure che destino avrò”, divenuto il titolo della canzone di F.D.G. “prendi questa mano zingara” e poi anche, nel testo, “prendi questa mano zingara dimmi pure che futuro avrò”) esprimerebbe in una maniera del tutto originale, per la prima volta, un concetto (la richiesta di predizione del destino di una relazione amorosa tra due persone fatta da una delle due alla veggente-zingara) esprimibile in altri numerosi modi diversi. Di qui (deriverebbe secondo i ricorrenti) l’affermazione della piena compiutezza e tutelabilità di quel frammento linguistico (e poetico) atto ad esprimere quel concetto, indipendentemente dalla restante parte del testo letterario e, a maggior ragione, del tema musicale sottostante a quella enunciazione”.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello rivedendone però, in modo incisivo, le motivazioni.
La Corte d’Appello aveva affermato che in linea di principio un frammento significativo della parte letteraria di un’opera musicale è si suscettibile di autonoma tutela autorale, ma, successivamente aveva escluso il plagio sulla base di quattro parametri, ovvero: i) la modesta variazione data ad una parte del testo riprodotto; ii) la completa diversità del testo letterario nella sua parte restante, dedotta la parte riprodotta; iii) la trattazione di tematiche completamente diverse da parte della nuova opera; iv) la totale diversità della parte musicale.
La Corte di Cassazione, invece, afferma che la totale diversità della parte musicale è del tutto indifferente ad escludere l’esistenza del plagio. Ciò in quanto si avrebbe violazione del diritto d’autore anche nel caso in cui un’opera composta (nella specie da testo e musica) divenga oggetto di indebita copiatura solo in una delle sue parti o componenti.
Ciò che rileva, secondo la Corte di Cassazione, sono i parametri di cui ai punti ii) e iii), con particolare rilevanza della trattazione di tematiche completamente diverse da parte della nuova opera che la Corte ritiene decisiva ai fini del rigetto del ricorso.
Proprio sullo specifico punto in esame, la Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui in tema di plagio di un’opera musicale, un frammento poetico-letterario di una canzone che venga ripreso in un’altra non costituisce di per sé plagio, dovendosi accertare, da parte del giudice di merito, se il frammento innestato nel nuovo testo poetico-letterario abbia o meno conservato una identità di significato poetico-letterario ovvero abbia evidenziato, in modo chiaro e netto, uno scarto semantico rispetto a quello che ha avuto nell’opera anteriore.
Sulla scorta del predetto principio la Corte di Cassazione conclude rilevando che, avendo la Corte d’Appello sottolineato come la nuova opera contenga una trattazione di tematiche completamente diverse rispetto all’opera artistica di proprietà dei ricorrenti, la stessa Corte d’Appello ha implicitamente affermato che anche l’innesto del frammento oggetto di causa nella seconda opera ha ricevuto un significato artistico letterario del tutto diverso e tale, quindi, da escludere il plagio secondo il principio di diritto sopra enunciato.
Il testo pubblicato nel presente articolo è fornito esclusivamente ed unicamente a scopo informativo. Non vuol essere e non può considerarsi un parere non potendo, in tal modo, fondare alcuna responsabilità per danni.