Una rovinosa caduta all’interno di un esercizio commerciale provocata da un pavimento bagnato, un incidente stradale causato da scarsa o omessa manutenzione del manto stradale, oppure, ancora, una caduta all’interno di una struttura alberghiera provocata da un vialetto dalla pavimentazione sconnessa e scarsamente illuminato.
I casi sopra riportati sono solo tre esempi di una casistica molto variegata che ricade sotto la disciplina dell’art. 2051 del Codice Civile.
La norma in esame imputa la responsabilità di eventi lesivi del tipo sopra menzionati a coloro i quali hanno l’effettivo potere materiale sulla cosa e si trovano, di conseguenza, nelle condizioni di controllare i rischi ad essa connessi.
Dispone infatti l’art. 2051 che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Custodi sono anzitutto i proprietari, come tali gravati da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita e, in generale, tutti i soggetti pubblici e privati che hanno il possesso e/o la detenzione (anche quella abusiva) della medesima cosa in custodia, ovvero per riprendere gli esempi sopra richiamati, il proprietario dell’esercizio di rivendita piuttosto che della struttura alberghiera etc.
Il danneggiato che domanda il risarcimento dei pregiudizi sofferti in conseguenza dei danni provocati dalla cosa in custodia invocherà pertanto la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051.
Tale responsabilità, secondo un orientamento ormai consolidato, ha natura oggettiva: ciò implica che il danneggiato, per ottenere il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare unicamente l’esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa. In proposito si evidenzia che, sotto il profilo probatorio, la Corte di Cassazione ha da tempo precisato che se il danno è causato da cose inerti e visibili (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno dimostrando la pericolosità della cosa.
Il custode, per contro, per andare esente da responsabilità non potrà limitarsi a provare la propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da caso fortuito (Cass. 20427/08; Cass. 23939/09; Cass. 5910/11).
Snodo decisivo di tutte le vertenze in materia, quindi, è l’assolvimento dell’onere probatorio: secondo il regime che caratterizza la responsabilità ex art. 2051 Cod. Civ. il danneggiato dovrà fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, nonché quella relativa all’esistenza del rapporto di custodia. Una volta accertata l’esistenza di un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno sarà, al contrario, onere del custode, al fine di sottrarsi alla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato che potrà desumersi anche dall’agevole evitabilità del pericolo (Corte di Cassazione 17625/16; Corte di Cassazione 21212/15).
In alternativa, il custode, poiché l’art. 2051 rappresenta un’eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli art. 2043 e 2697 Cod. Civ. e configura un’ipotesi caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, sarà tenuto a provare l’esistenza di un fattore esterno che abbia quei requisiti di imprevedibilità e di eccezionalità tali da interrompere il predetto nesso di causalità, vale a dire la prova del caso fortuito o della forza maggiore. Il custode deve cioè dimostrate che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con uno sforzo diligente e adeguato alle concrete circostanze del caso specifico da parte del danneggiato (Cass. civ., Sez. III, 20/02/2006, n. 3651).
Pertanto, chi agisce per ottenere il ristoro dei danni provocati dalla cosa in custodia dovrà allegare in modo attento e dettagliato tutte le circostanze fattuali necessarie a ricostruire il nesso causale tra “la cosa in custodia” (il vialetto sconnesso, il tratto stradale mal tenuto, il pavimento dell’esercizio bagnato etc.) e l’evento lesivo e, altresì, dovrà fornire a tali circostanze tutto il conforto probatorio necessario al convincimento del giudicante.
Per contro, per andare esente da responsabilità, chi intende resistere in giudizio a una richiesta di risarcimento danni ex art. 2051 dovrà dimostrare il caso fortuito il quale, a seconda delle circostanze, potrà inserirsi sul piano causale oppure su quello della diligenza.
Sotto il profilo causale, il convenuto dovrà ricostruire la dinamica degli eventi e dar provare del fatto che il comportamento del danneggiato sia stato causa esclusiva o, quanto meno, concausa dell’evento lesivo (perché ad esempio imprudente).
Sul piano della diligenza, invece, il convenuto dovrà dimostrare di aver espletato, per l’appunto con la dovuta diligenza, tutte le misure di contrasto al verificarsi dell’evento e che l’evento stesso si sia verificato a causa di una situazione di pericolo provocata da una repentina ed imprevedibile alterazione della cosa. Solo in quest’ultima ipotesi può configurarsi il caso fortuito (in questo senso Corte di Cassazione 4495/2011; Corte di Cassazione 8935/2013).
Il testo pubblicato nel presente articolo è fornito esclusivamente ed unicamente a scopo informativo. Non vuol essere e non può considerarsi un parere non potendo, in tal modo, fondare alcuna responsabilità per danni. Tutti i diritti sono riservati.