Oggi ogni artista con un minimo di disponibilità economica potrebbe auto-produrre il proprio progetto musicale e sfruttare tutti i canali distributivi e promozionali a disposizione sul mercato (soprattutto digitale) per promuovere e vendere la propria musica senza l’intermediazione di una casa discografica.

La realtà e i numeri ci dicono, però, che la via dell’autoproduzione e il web raramente portano ad ottenere risultati significativi e, spesso, anche quegli artisti che hanno ottenuto in tal modo i primi importanti successi scelgono poi di firmare con una casa discografica che abbia le risorse e le strutture adatte per spingere oltre la loro carriera.

Il catalogo di una casa discografica può essere di proprietà, gestito in licenza o semplicemente distribuito. Nella prima ipotesi, il contratto che lega l’artista e la casa discografica sarà un contratto c.d. “in casting” (o, alternativamente chiamato anche “contratto artistico”), nella seconda ipotesi avremmo un “contratto di licenza” e, nella terza, un “contratto di distribuzione“. Le tipologie di contratto appena citate rappresentano le tre macro-categorie di contratto cui possono essere ricondotti i vari tipi di contratto tra artista ed etichetta con tutte le loro possibili sfumature.

La proprietà del master. Contratto in casting o contratto di licenza? La proprietà del master in capo alla casa discografica o all’artista rappresenta il primo importante spartiacque e determina il tipo di contratto che si andrà a sottoscrivere nonché una serie di conseguenze di cui a breve si dirà.

Il master è la prima registrazione di studio mixata ed equalizzata e, storicamente, era l’originale nastro analogico da cui sarebbero state prodotte tutte le altre copie “slaves”.

Il proprietario del master viene definito dall’ordinamento italiano (art. 78 Legge n. 633/1941 – Legge sul Diritto d’Autore) “Produttore di Fonogrammi” ed è, come recita la norma, quella “persona fisica o giuridica che assume l’iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazione di suoni”. Vale a dire, l’imprenditore persona giuridica o fisica che realizza o fa realizzare a propria cura e spese il master originale.

Quando il proprietario del master è l’artista, il rapporto con la casa discografica prenderà la forma di un contratto di licenza (Record License Agreement) mediante il quale l’artista stesso, quale proprietario delle registrazioni (recordings), cede alla casa discografica una licenza esclusiva finalizzata allo sfruttamento economico delle registrazioni stesse per un periodo di tempo limitato (solitamente dai 3 ai 5 anni) a determinate condizioni. Scaduto il termine del contratto di licenza, le registrazioni contenute nel master torneranno nella piena disponibilità dell’artista che sarà libero di disporne come vuole (per esempio firmando un altro accordo con un’altra casa discografica).

Nel caso in cui, invece, proprietario del master sia la casa discografica ci troviamo di fronte a quello che viene definito contratto in casting (o contratto artistico). In tale rapporto, la cessione dei diritti sulle registrazioni e sul loro utilizzo da parte dell’artista in favore della casa discografica è, oltre che esclusiva, sempre definitiva (ovvero sino alla caduta in pubblico dominio dell’opera).

Il contratto in Casting prevede infatti che sia la casa discografica a far realizzare a proprie spese il master originale e a occuparsi con proprie risorse della promozione e del marketing in favore dell’artista. A fronte di tali investimenti, la casa discografica diventa cessionaria definitiva dei diritti di sfruttamento economico sulle registrazioni e, a fronte di tale cessione, oltre a coprire i costi di registrazione, promozione e marketing, la casa discografica corrisponderà all’artista un anticipo più sostanzioso (con una percentuale di royalties più bassa) rispetto ai contratti di licenza.

Come abbiamo appena visto, i fattori che determinano la differenza tra le tipologie di contratto sono, appunto, la proprietà del master e i costi: nel contratto di licenza, ove è l’artista a far realizzare a proprie spese il master originale, la casa discografica è sgravata dai costi di registrazione, sfrutterà le registrazioni per un periodo di tempo minore e, pertanto, accorderà all’artista un anticipo meno sostanzioso e una percentuale di royalty più alta.

Infine abbiamo il contratto di distribuzione, che rappresenta una forma ancor meno vincolante rispetto al contratto di licenza. In questo tipo di contratto l’artista, oltre a sostenere le spese di registrazione restando proprietario del master, gestisce con risorse proprie anche la comunicazione e il marketing. La casa discografica, invece, si occuperà della sola distribuzione del prodotto sul mercato.

Quale che sia il tipo di rapporto, Licenza o Contratto in Casting, l’accordo fra casa discografica e artista ha assunto nel tempo un contenuto sufficientemente preciso e parzialmente comune ad entrambe le categorie. Vediamo ora quali sono i punti e le clausole contrattuali di maggiore rilevanza sia per l’artista sia per la casa discografica.

Anticipo e recupero. La clausola contrattuale che dispone sul punto stabilirà che “l’anticipo, o gli anticipi garantiti, sono recuperabili”. La relativa disposizione in inglese parlerà di “Advance recoupable vs. Royalties”. Secondo questa clausola, se per esempio la casa discografica versa all’artista un anticipo di € 20.000 per la firma del contratto, la stessa casa discografica tratterrà per sé i primi € 20.000 di introiti derivati dalle royalties e, fin tanto che le royalties derivanti dalla distribuzione non pareggiano il valore dell’anticipo, l’artista non percepirà alcunché al di fuori dell’anticipo stesso. Il processo appena descritto (trattenere dei soldi per recuperare un anticipo) si chiama appunto recupero (in inglese recoupment) e si dice che l’anticipo è recuperabile dalle royalties.

Salvo rarissime eccezioni il rischio di perdita ricade completamente sulla casa discografica. Nella maggior parte dei casi, infatti, il contratto stabilirà che gli anticipi non sono restituibili e, pertanto, se l’artista non vende abbastanza dischi da coprire l’anticipo il deficit maturato verrà sopportato dalla casa discografica.

Cross collateralizzazione (in inglese, cross collateralization). La stessa clausola in tema di anticipo e recupero potrebbe stabilire che “l’anticipo è recuperabile cross su tutte le percentuali maturate dall’artista” o, in inglese, “advances can be recouped under this or any other agreement”.

Supponiamo, ad esempio, che l’artista riceva un anticipo di € 20.000 per il primo disco ed € 30.000 per il secondo disco: secondo il meccanismo della cross-collateralizzazione si dovranno considerare i due anticipi come un unico anticipo totale di 50.000 e le royalties generate da entrambi i dischi dovranno coprire questa cifra prima che dalle royalties medesime possano maturare profitti in favore dell’artista.

Il meccanismo della cross-collateralizzazione prevede dunque che l’anticipo previsto per ogni disco e/o da ogni contratto possa essere recuperato dalle royalties generate da ogni altro disco e/o contratto. Questo ovviamente non è positivo per l’artista, ma è comprensibile dal punto di vista di una casa discografica che “firma” un artista progettando un investimento su più album. In ogni caso l’artista dovrà almeno assicurarsi che la casa discografica non cross-collateralizzi il contratto discografico con le edizioni musicali.

Spesso le case discografiche cercano di cross-collateralizzare sequenzialmente, ovvero facendo si che l’anticipo di ogni contratto sia recuperabile su quelli presenti passati e futuri e, la clausola spesso e volentieri non è facilmente riconoscibile.

Formule sugli anticipi. I contratti discografici spesso possono prevedere anche delle formule sugli anticipi. Le formule sono meccanismi tramite i quali si prevede che l’anticipo per l’album successivo sarà uguale ad una percentuale di tutte le royalties generate dal disco precedente. Assumendo ad esempio che il primo disco abbia generato royalties per € 100.000 e che il contratto stesso preveda una formula del 60% con riferimento all’anticipo per il secondo disco, allora l’anticipo per il secondo disco sarà di € 60.000. La formula ovviamente prende in considerazione solo i ricavi generati in un dato periodo di tempo che solitamente va dai sei ai diciotto mesi dopo l’uscita del disco di riferimento.

Le formule possono anche prevedere un livello minimo per far si che, per quanto male sia andato l’album precedente, l’anticipo per il successivo non sia inferiore a un minimo concordato, e, altresì, un tetto massimo che, a prescindere dalla grandezza del successo del disco precedente, fissi una soglia non superabile. Limite minimo e tetto massimo varieranno nel caso concreto in base al potere di trattativa delle parti.

Aumenti di royalties. È abbastanza comune che nei contratti discografici sia previsto, o si possa prevedere, un aumento di royalties agganciato all’aumento delle vendite. Ad esempio il contratto potrà stabilire che la royalty sarà del 18% fino a un numero di 25.000 copie effettivamente vendute, del 19% da 25.001 fino a 50.000 e del 20% oltre le 50.001 copie effettivamente vendute. Il contratto potrà prevedere, altresì, che la royalty dell’artista per il disco successivo inizi al più alto livello raggiunto dal disco precedente con un limite massimo di aumento fissato dalla stessa casa discografica.

Per gli aumenti di royalty, insieme alle vendite del supporto fisico, vengono computate ovviamente anche le vendite digitali del disco e l’Artista potrà provare a chiedere che anche il download digitale del singolo brano venga inserito in tale computo. In tal caso solitamente viene concordato che, per il computo dell’aumento, dieci o dodici download digitali equivalgono ad un album. Anche lo streaming on demand (a pagamento o ad-supported) può essere inserito nel computo dell’aumento e, in questo caso, è ormai globalmente riconosciuto che 1.500 streams equivalgono ad un album.

Promozione e Marketing. La clausola contrattuale relativa agli impegni e agli obblighi che la casa discografica deve assumersi per la promozione è tanto importante quanto l’attività di promozione stessa lo è per il successo di una band: ovvero, fondamentale.

Tali clausole sono quelle di maggiore attrito tra le case discografiche e gli artisti o i loro manager: infatti, da un lato, la casa discografica avrà interesse ad articolare il meno possibile le attività promozionali garantite, dall’altro lato, invece, l’artista avrà l’interesse diametralmente opposto: ovvero quello di veder inserito in contratto un budget promozionale minimo e/o di l’indicazione specifica e puntuale delle attività promozionali da porre in essere in suo favore.

Una clausola contrattuale ben strutturata per l’artista dovrebbe quindi contenere una enunciazione specifica e analitica delle singole obbligazioni a carico della casa discografica in termini attività, tempi e modi. A titolo esemplificativo: realizzazione di un numero minimo di videoclip, realizzazione di iniziative di marketing, anche virali, sul web e sui social network, realizzazione di almeno un servizio fotografico per ciascun album, showcase, partecipazioni dell’artista in trasmissioni radiofoniche etc.

In questa parte del contratto vi sono alcune previsioni che non dovrebbero in alcun modo mancare. In primis, se la casa discografica non dispone di un ufficio stampa interno, sarà bene che l’artista si assicuri che la clausola relativa alla promozione e al marketing preveda l’obbligo, per la discografica stessa, di trovare un accordo con un ufficio stampa esterno per lo svolgimento dell’indispensabile lavoro promozionale.

In secondo luogo, oltre a prevedere la realizzazione di video, art-work, photo-sessions etc., è bene per l’artista che il contratto preveda una quantificazione monetaria dell’investimento che la casa discografica intende riservare per tali attività con l’indicazione di un importo di spesa complessivo che non potrà essere inferiore ad una determinata cifra.

Opzione. L’opzione è uno strumento molto usato nella discografia attuale e consente alla casa discografica di dilazionare e calibrare l’investimento su un’eventuale album successivo in base all’andamento commerciale dell’album precedente.

Quando si tratta di firmare artisti emergenti le case discografiche insistono spesso per inserire in contratto il diritto di opzione per almeno 2 album successivi al primo, riservandosi il diritto di uscire dal contratto se il primo album non ottiene il successo commerciale sperato. La casa discografica, infatti, potrebbe anche subordinare l’esercizio del diritto di opzione sull’album successivo ad un preciso numero di vendite del precedente in termini di risultato.

Tendenzialmente, anche se la casa discografica tenterà di far firmare l’artista per più album e prendersi l’opzione per altri dischi, per l’artista sarà sempre meglio impegnarsi per un numero minore di albumIl meccanismo dell’opzione, infatti, favorisce unicamente la casa discografica: rappresenta unicamente la possibilità per quest’ultima di “scaricare” l’artista nel caso le cose si mettano male.

In sostanza, tramite l’opzione, l’artista concede alla casa discografica una chance per uscire dal contratto dopo un album o due e, per tale ragione, l’artista stesso dovrebbe almeno cercare di ottenere dei benefits se la casa discografica decide di tenerlo. Questi benefici possono ottenersi negoziando un aumento di royalties per gli album opzionali oppure negoziando, sempre per gli album opzionali, un anticipo maggiore.

Clausole risolutive espresse. Tramite questo tipo di clausole la casa discografica e l’artista prevedono espressamente che il contratto possa risolversi nel caso in cui una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità previste dal contratto stesso. Come è facile intuire, questo tipo di clausola viene utilizzata a presidio delle obbligazioni più rilevanti per ciascuna delle parti.

Dal punto di vista dell’artista è bene, in primo luogo, che il contratto preveda l’obbligo per la casa discografica di pubblicare l’album entro una determinata data nel territorio definito dal contratto stesso stabilendo che, in caso di inadempimento, l’artista possa uscire dal contratto dichiarandolo risolto.

Altresì, clausole risolutive espresse devono essere previste in favore dell’artista nei casi in cui la casa discografica venga meno ai propri obblighi di rendicontazione e/o pagamento e, ancora, per il caso in cui la casa discografica si trovi sprovvista del distributore e non provveda a stringere un accordo di distribuzione entro un determinato periodo di tempo (quest’ultima disposizione risulta superflua nel caso delle major).

Infine, anche le obbligazioni della casa discografica relative allo svolgimento delle attività di promozione e marketing, data la loro importanza, dovrebbero essere presidiate da una clausola risolutiva espressa in favore dell’artista.

Divieto di ri-registrazione. Tutti i contratti discografici contengono una clausola che vieta all’artista di registrare nuovamente le canzoni oggetto del contratto per un certo periodo di tempo dopo la fine del contratto medesimo (solitamente il divieto si estende dai tre ai cinque anni dopo la fine del contratto). Tale divieto rappresenta una sorta di patto di non concorrenza attraverso il quale si salvaguarda il valore economico delle registrazioni originarie della prima casa discografica.

Il testo pubblicato nel presente articolo è fornito esclusivamente ed unicamente a scopo informativo. Non vuol essere e non può considerarsi un parere non potendo, in tal modo, fondare alcuna responsabilità per danni. Tutti i diritti sono riservati.